http://www.comune.olbia.ss.it/navi.htm

BENVENUTO NEL MUSEO VIRTUALE DELLE NAVI ROMANE!

Durante gli scavi per la costruzione del tunnel sottomarino sul lungomare di Olbia , abbiamo trovato 10 navi romane e 5 del periodo medievale . E’ stata una lieta ed interessante sorpresa , non solo per gli archeologi , ma anche per i nostri tecnici e le nostre maestranze , per  i cittadini di Olbia e per i turisti di passaggio che , incuriositi , si affacciavano per osservare , giorno per giorno , le nuove scoperte. Siamo perciò assolutamente felici ed orgogliosi di aver potuto contribuire a restituire alla luce un pezzo di storia del nostro mare .Tutti questi relitti , sepolti dalla sabbia e dal fango del fondale marino , sono stati recuperati e , successivamente, restaurati e esposti presso il museo di Olbia .

Scorrendo le fotografie , troverai numerosi esempi dei preziosi manufatti che sono stati portati alla luce , dopo secoli di oblio , nelle stive delle navi affondate.

Per una spiegazione archeologica  e storica, ti invitiamo a leggere l’interessante articolo di Rubens D’Oriano, che ha seguito la scoperta e gli scavi per la Soprintendenza Archeologica .

I RELITTI DEL PORTO DI OLBIA
Rubens D'Oriano (Soprintendenza Archeologica di Sassari e Nuoro)

" Partern litoreo complectitur Olbia muro " - " l’altra parte la accolse Olbia nel suo porto ".
Così il poeta Claudiano ci racconta di quando una parte della flotta da guerra, inviata nel 397 d.C. dall'imperatore Onorio a combattere il ribelle Gildone, facendo rotta verso l'Africa fu costretta dal maltempo a ripararsi nel porto di Olbia.

E' proprio il fondale del porto dell'antica Olbia quello che la Soprintendenza Archeologica di Sassari e Nuoro, col contributo scientifico di E. Riccardi, G. Pietra e G. Pisanu, sta scavando in questi mesi, con fondi messi a disposizione dall'ANAS, purtroppo interferendo in parte con lo svolgimento dei lavori di realizzazione del tunnel di connessione tra il lungomare cittadino e la viabilità extraurbana.

Ma fortunatamente l'importanza delle scoperte è tale da giustificare i disagi che ne derivano.

Lo scavo ha messo in luce finora dieci grandi relitti romani e cinque medievali; questi ultimi e cinque di quelli romani sono stati già scavati e asportati, con il sistema dello smontaggio nelle loro parti costitutive (ordinate, fasciame, chiglia, ecc.) e successivo ricovero di queste in casse d'acqua, in attesa del trattamento conservativo, essiccazione, riassemblaggio ed esposizione museale.

 

Tutti gli scavi archeologici raccontano un pezzo di storia, ed in questo caso si tratta della Storia. L'affondamento dei relitti romani avvenne nel V secolo d. C. ad opera dei Vandali, che sorpresero le navi ormeggiate in porto e le bruciarono, per attaccare poi anche l'area urbana, come era accaduto altrove nella stessa Sardegna, in Sicilia, Toscana, Corsica e persino a Roma, saccheggiata per dieci giorni nel 455 d. C.. L'attacco dei Vandali segnò la fine della città romana. Seguirono alcuni secoli di vita stentata. Attorno al 1000 d. C. Olbia, ora chiamata Civita, è la capitale del Giudicato di Gallura, uno dei quattro regni nei quali era suddivisa la Sardegna medievale. L'alleanza strategica con la Repubblica Marinara di Pisa, nel XIII sec., ridiede impulso ai traffici marittimi e fu necessario bonificare la vecchia area portuale, inagibile per la presenza dei relitti romani.

Furono gettate macerie, terra, pietre, rinforzando il tutto con pali, per colmare lo specchio d'acqua e far avanzare così la costa di alcuni metri, per attingere livelli di fondale un po' più profondi e liberi da intralci. Si utilizzarono, per fare corpo con il resto del riempimento, anche barche ormai in disuso, riempiendole di pietrame; sono questi i relitti medievali rinvenuti nello scavo, i primi d'età giudicale mai rinvenuti nell'Isola. Esiste una clamorosa conferma di quest'altro pezzo della storia cittadina che l'archeologia ci restituisce: all'inizio del '700, l'anonimo estensore di una relazione sulla Sardegna, conservata negli archivi sabaudi di Torino, dice che Terranova (allora Olbia si chiamava così) "era colonia de' Romani con un buon porto dalla parte di levante, che fu riempito dalli Pisani'.

Un altro rinvenimento, infine, si segnala come assolutamente straordinario: una porzione di 8 metri di lunghezza di un albero di nave databile al 1° sec. a. C. , il primo mai visto da .... occhio umano. A parte infatti due piccolissimi frammenti di poche decine di centimetri, finora per sapere come erano fatti gli alberi delle navi antiche bisognava analizzare le raffigurazioni su affreschi, rilievi, vasi ecc. Per la prima volta invece se ne possiede uno, per di più conservato per metà o 3/4della sua lunghezza originaria (presumibilmente 12‑15 metri).

Lo scavo restituisce anche una enorme quantità di reperti, a sottolineare, se ce ne fosse bisogno, il livello economico e l'amplissimo raggio dei traffici transmarini di Olbia tra l'età romana e il Medioevo: lucerne, ceramica fine da mensa e da cucina, anfore, monete di bronzo, d'argento e una d'oro, anelli, una collana di pasta di vetro, una statuetta egizia di Osiride, uno zaffiro di CeyIon, colonne di granito, un pettine di legno, vasi di vetro, un amuleto fallico, frammenti di una statua di bronzo a grandezza naturale, corde, palchi di coma di cervo e muflone, conchiglie usate come strumenti a fiato, ecc. Tutti reperti che troveranno posto, attorno ai relitti ricostruiti, nel Museo Archeologico in fase di avanzata costruzione……..a due passi dallo scavo, sull'Isola Peddona.

A patto che siano disponibili le ingenti somme necessarie (di fonte pubblica o privata) per i lavori di trattamento conservativo e essiccazione dei legni intrisi d'acqua e conseguente ricomposizione, sulle quali non esiste ad oggi alcuna certezza.

Meridiana ha dato un contributo importante a questo scopo, mettendo gratuitamente a disposizione il locale di deposito temporaneo delle casse piene d'acqua contenenti il relitti smontati.

Anche questo fa ben sperare per il futuro.